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Sempre più studi dimostrano come il gioco degli scacchi aumenti le capacità matematiche, fin dai primi anni di scuola.
L’insegnamento degli scacchi a scuola può migliorare in modo significativo le capacità matematiche di apprendimento degli alunni, nell’ambito di un progetto di ricerca chiamato SAM, che si è occupato della relazione tra l’apprendimento del gioco degli scacchi e le competenze matematiche. Questo è il più recente di una serie di studi sui potenziali vantaggi del gioco degli scacchi condotta in collaborazione con l’I.n.v.a.l.s.i. (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema dell’Istruzione) su classi di scuola primaria, il cui esito ha attestato un incremento significativo nell’apprendimento della matematica e l’utilità pedagogica dell’attività scacchistica in ambito scolastico.La sperimentazione è stata effettuata su un campione di circa 2.000 alunni di 12 Regioni d’Italia. Già era evidente l’utilità degli scacchi come strumento di educazione sociale e alla legalità nonché come beneficio psicologico per le giovani generazioni. Inoltre, è recente la Dichiarazione del Parlamento Europeo che invita gli Stati membri a favorire l’introduzione degli scacchi nel percorso curricolare nelle proprie istituzioni scolastiche
La leggenda sull’origine del gioco degli scacchi
C’era una volta un ricchissimo Principe indiano. Le sue ricchezze erano tali che nulla gli mancava ed ogni suo desiderio poteva essere esaudito. Mancandogli però in tal modo proprio ciò che l’uomo comune spesso ha, ovvero la bramosia verso un desiderio inesaudibile, il Principe trascorreva le giornate nell’ozio e nella noia. Un giorno, stanco di tanta inerzia, annunciò a tutti che avrebbe donato qualunque cosa richiesta a colui che fosse riuscito a farlo divertire nuovamente.
A corte si presentò uno stuolo di personaggi d’ogni genere, eruditi saggi e stravaganti fachiri, improbabili maghi e spericolati saltimbanchi, sfarzosi nobili e zotici plebei, ma nessuno riuscì a rallegrare l’annoiato Principe. Finché si fece avanti un mercante, famoso per le sue invenzioni. Aprì una scatola, estrasse una tavola con disegnate alternatamente 64 caselle bianche e nere, vi appoggiò sopra 32 figure di legno variamente intagliate, e si rivolse al nobile reggente: “Vi porgo i miei omaggi, o potentissimo Signore, nonchè questo gioco di mia modesta invenzione. L’ho chiamato il gioco degli scacchi“.
Il Principe guardò perplesso il mercante e gli chiese spiegazioni sulle regole. Il mercante gliele mostrò, sconfiggendolo in una partita dimostrativa. Punto sull’orgoglio il Principe chiese la rivincita, perdendo nuovamente. Fu alla quarta sconfitta consecutiva che capì il genio del mercante, accorgendosi per giunta che non provava più noia ma un gran divertimento! Memore della sua promessa, chiese all’inventore di tale sublime gioco quale ricompensa desiderasse.
Il mercante, con aria dimessa, chiese un chicco di grano per la prima casella della scacchiera, due chicchi per la seconda, quattro chicchi per la terza, e via a raddoppiare fino all’ultima casella.Stupito da tanta modestia, il Principe diede ordine affinché la richiesta del mercante venisse subito esaudita. Gli scribi di corte si apprestarono a fare i conti, ma dopo qualche calcolo la meraviglia si stampò sui loro volti. Il risultato finale, infatti, era uguale alla quantità di grano ottenibile coltivando una superficie più grande della stessa Terra!
In effetti il numero di chicchi risultante è di 264 (due alla sessantaquattro), pari ad un numero esorbitante, cioè a 18.446.744.073.709.551.615.
La partita di scacchi viventi a Marostica
La vicenda della Partita risale al 1454 quando Marostica era una delle fedelissime della Repubblica Veneta.
Avvenne che due nobili guerrieri Rinaldo d’Angarano e Vieri da Vallonara, si innamorarono contemporaneamente della bella Lionora, figlia di Taddeo Parisio Castellano di Marostica e, come era costume di quei tempi, si sfidarono in un cruento duello.
Ma il Castellano, che non voleva inimicarsi alcuno dei due calorosissimi giovani e perderli in duello, proibì lo scontro rifacendosi anche ad un editto di Cangrande della Scala, e decise perciò, che Lionora sarebbe andata sposa a quello dei rivali che avesse vinto una partita al nobile gioco degli scacchi: lo sconfitto sarebbe diventato lo stesso suo parente sposando Oldrada, sua sorella minore.
L’incontro si sarebbe svolto in un giorno di festa nella piazza del Castello da Basso, a pezzi grandi e vivi, armati e segnati delle nobili insegne dei bianchi e neri in presenza del Castellano, della sua nobile figlia, dei Signori di Angarano e di Vallonara, dei nobili e del popolo tutto. Decise anche che la disfida fosse onorata da una mostra in campo di uomini d’arme, fanti e cavalieri e fuochi e luminarie e danze e suoni.
Ecco dunque scendere in campo gli armati: arceri, balestrieri ed alabardieri, fanti schiavoni e cavalieri, il Castellano, la sua nobile corte con Lionora trepidante perchè segretamente innamorata di uno dei due contendenti, la fedele nutrice, dame, gentiluomini, l’araldo, il capitano d’armi, falconieri, paggi e damigelle, vessilliferi, musici, massere e borghigiani e poi ancora i bianchi e i neri con Re e Regine, torri e cavalieri, alfieri e pedoni e due contendenti che ordinano le mosse; tripudio infine con fuochi e luminarie secondo l’ordine del castellano.
E così oggi tutto si ripete come la prima volta, in una cornice di costumi fastosi, di corteggi pittoreschi, di gonfaloni multicolori, di marziali parate, di squisita eleganza e su tutto domina una nota di singolare gentilezza cui si è ispirata la rivocazione e questa torna a rivivere oggi quasi per miracolo di fantasia.

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